[Riprende l’articolo “Perché è importante l’analisi delle esigenze (prima parte)”].
Riprendo un caso reale. Un'azienda committente ci chiede di erogargli dei corsi di comunicazione e di time management.
Andiamo ad incontrarli e a cercare di approfondire con loro.
Scopriamo che si tratta di un'azienda cooperativa che negli ultimi 20 anni ha subito profonde trasformazioni, soprattutto di mercato. Ultimamente, per farla breve, l'azienda sta andando bene e sta cercando, con poco successo, di trasformarsi in un'azienda produttiva efficiente come un'azienda totalmente "capitalista" (nel senso più nobile del termine), senza rinunciare però alle proprie radici cooperative e solidali. Scopriamo che nell'ultimo documento di bilancio sociale tutto questo è ben rappresentato, ma che in questo testo si dà molto risalto alla mentalità cooperativa e solidale. Questo, in maniera veramente molto stringata, è il problema.
Capiamo che loro si immaginano che il corso di comunicazione possa servire a saper gestire meglio i conflitti all'interno dell'azienda, poiché il rapporto tra capi e collaboratori fatica a diventare "professionale" in quanto questo significa tradire le loro radici mutualistiche e solidali.
Bene, il quadro è ormai abbastanza chiaro.
Emerge l’immagine di un’organizzazione in fase di transizione. Il cambiamento culturale in atto sta trainando verso un assetto imprenditoriale, ma con sforzi che vanno nella direzione di cercare di conservare gli aspetti fondamentali e buoni della sua natura cooperativa, però purtroppo inefficaci rispetto al nuovo assetto organizzativo e agli obiettivi espansionistici. E’ questo sforzo che comporta le difficoltà segnalate dalla committenza.
Si tratta allora di elaborare l'inefficacia degli aspetti culturali del modello mutualistico-cooperativo, un’eco di un certo "vogliamoci bene", che mette in difficoltà il passaggio alla piena responsabilità individuale, sia degli operai, sia dei responsabili. Sembrerebbe che a ostacolare questo passaggio sia la presa in carico degli aspetti affettivi negativi che comporta l'assunzione di responsabilità, sia in termini di sensazioni personali da fronteggiare, sia in termini d’immagine negativa da assumere nei confronti degli altri.
La gestione di tali aspetti di difficoltà, nella richiesta iniziale, vengono “delegati” alle tecniche, che rappresentano uno strumento asettico e indolore e che al tempo stesso permettono l'acquisizione di un potere nei confronti degli altri. In realtà, però, il potere all'interno di una struttura organizzativa non è dato dalle tecniche, ma dal ruolo esercitato e dalla piena assunzione del ruolo e delle responsabilità a esso connesse. L'applicabilità di conoscenze e tecniche la può dare solo il passaggio culturale a una piena assunzione del ruolo, che può avvenire solo se si riescono a vedere i contro della vecchia mentalità e i pro di una visione più imprenditoriale dell'organizzazione.
Sembra più appropriato, quindi, anziché un semplice corso di comunicazione sui generis, un percorso sulla gestione dei collaboratori al cui interno sarà trattato anzitutto il cambio di mentalità necessario ad affrontare il problema produttivo, e poi le tematiche inerenti le tecniche di gestione (fra cui la comunicazione).
L'erogazione del solo corso di comunicazione in risposta alla domanda esplicita e senza agganci alla vita produttiva, si sarebbe rivelata una risposta fallimentare.
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