Nel post precedente abbiamo stabilito che la differenza tra manager e leader è qualitativa, ovverosia il manager gestisce i collaboratori attraverso "leve tradizionali", mentre il leader è (anche) capace di far compiere ai propri collaboratori uno sforzo qualitativamente (non quantitativamente) superiore. Stiamo parlando del cosiddetto "sforzo discrezionale".
Lo sforzo discrezionale, lo dice la parola stessa, è quell'impegno in più che solo la motivazione può portare a compiere. La capacità del leader è (anche) quella di portare i collaboratori a desiderare di dare il proprio contributo con il massimo dell'impegno possibile. Lo sforzo discrezionale non è una questione di quantità, ma di qualità, ossia di standard superiori di prestazione. Ad esempio una persona può essere portata a pensare alla soluzione di un problema lavorativo anche al di fuori dell'orario di lavoro, ma questo non garantisce che sia automotivata a farlo e quindi che cerchi di dare il massimo. Magari è semplicemente stata minacciata di licenziamento e non avendo in quel momento alternative cerca di soddisfare le richieste dell'azienda con uno sforzo aggiuntivo. Quindi lo sforzo aggiuntivo è diverso dallo sforzo discrezionale. È la tipica situazione in cui i genitori costringono un figlio studiare musica: quel ragazzo potrebbe produrre uno sforzo aggiuntivo sotto la spinta della pressione esercitata dai genitori, ma difficilmente sognerà di fare un concerto o andrà a vedere concerti di sua spontanea volontà, o ascolterà con passione i grandi autori, eccetera.
Graficamente rappresenteremmo la differenza tra manager e leader in questo modo:
Questa rappresentazione grafica suggerisce alcune osservazioni:
1. la leadership è interpretabile (anche) come una particolare performance che può, o dovrebbe, far parte del repertorio comportamentale di un manager;
2. tale performance avviene in risposta a particolari esigenze contingenti, temporalmente definite. Il fatto che tali esigenze siano limitate e occasionali è rappresentato dalla linea tratteggiata in corrispondenza della performance del leader. Vale a dire che anche un personaggio come Obama sicuramente userà le leve tradizionali per gestire i propri collaboratori, per esempio quando deve chiedere alla segretaria di portargli un caffè… poi, però, quando è il momento di tenere un public speaking ke competenze messe in campo sono sicuramente diverse;
3. la leadership è una performance basata su:
- competenze "gestionali" (delle risorse strumentali così come delle persone coinvolte nel progetto);
- capacità di vision (individuare obiettivi individuali e di gruppo, funzionali al contesto aziendale e individuazione delle strategie per la sua realizzazione);
- consapevolezza di quale comportamento serve in un determinato momento (nei corsi affrontiamo il rapporto situazione-atteggiamenti efficaci/inefficaci);
- tecnica interpretativa "attoriale" (spontanea, acquisita con l'esperienza o acquisita tramite un corso specifico, ad esempio "leadership" o "public speaking");
- tecniche argomentative (o retoriche);
- capacità individuali, ossia una dose di talento (il che non significa esclusivamente possedere talento, ma vuole significare che il talento aiuta);
- passione per il proprio lavoro.
Il che non significa insegnare a diventare degli Obama nel proprio lavoro (in questo caso ciò che si potrebbe ottenere è una caricatura del personaggio, con effetti devastanti...). Significa, però, avere un numero maggiore di "frecce per il proprio arco" per gestire i propri collaboratori e alzare il livello del proprio "performance management". Quindi non è vero che leader si nasce, non è vero (parafrasando la pubblicità dei diamanti Damiani...) che "un leader è per sempre". Anche i leader usano per la maggior parte del tempo le leve tradizionali di gestione, ma sanno il modo in cui ottenere uno sforzo discrezionale dai propri collaboratori.
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