04 novembre 2011

A cosa serve la formazione? (Prima parte)

Questo articolo è dedicato maggiormente a chi eroga la formazione, un po’ meno a chi l'acquista. Però non verrà usato (volutamente) un linguaggio tecnico perché anche chi acquista la formazione comprenda di cosa si sta parlando. L’argomento è infatti importante: si parla del plusvalore della formazione, di cosa si vende, di cosa si acquista.

In sostanza, chi acquista la formazione cosa compra? Credo sia una domanda che anche chi eroga la formazione si sia posto.

Una risposta classica è che si vende/acquista apprendimento. Ma apprendimento legato a cosa? Non mi sembra esauriente come risposta.

Qualcuno più raffinato parla di maggiore efficienza e efficacia nell'azione lavorativa in relazione agli obiettivi dati (questo è solitamente ciò che chiedono le aziende). Per esempio: se lavori nel customer care, ti “alleno” per rendere il tuo modo di rispondere più soddisfacente per il cliente; se fai il venditore, ti “alleno” per vendere di più; se lavori in un team ti “alleno” per potenziare la tua azione tramite il contributo del gruppo; se fai il manager ti “alleno” a guidare i collaboratori verso gli obiettivi stabiliti nel budget; e così via. Oppure ti alleno per ridurre il peso delle tue attività lavorative, per lavorare con meno stress, con più gratificazione.

Si, ma ancora non ci siamo. Come faccio a darti gli strumenti per lavorare meglio? Di cosa si tratta? Di suggestione? Di addestramento? Di conoscenze?

Ecco la mia risposta: la formazione serve a rendere le persone consapevoli di come funzionano gli elementi del sistema in cui agiscono e di come questi elementi interagiscano tra loro. Con una complicazione in più: le proprie azioni e le proprie reazioni emotive (atteggiamenti, sentimenti, motivazioni) sono un elemento del sistema di cui bisogna prendere consapevolezza, perché influenzano il comportamento degli altri elementi.

Ad esempio, se lavori nel customer care prenderò in considerazione tutti gli elementi e la loro dinamica di interazione: cosa ti chiede l’azienda, che clienti hai, che mezzi hai, come si comportano i clienti, come ti comporti tu di fronte a certe situazioni, e come interagiscono tutti questi elementi, quali sono le strategie migliori per gestire tutti questi elementi e raggiungere gli obiettivi che ci si propone. Esattamente come accade in un gioco strutturato: gli scacchi, il poker, il calcio, ecc. Ogni giocatore può diventare un giocatore migliore imparando non solo le regole per giocare (addestramento, conoscenze), ma la strategia per giocare al meglio.

Nel prossimo post, infatti, proseguiremo il discorso parlando della teoria dei giochi e di come questa abbia delle analogie con la formazione.

Una precisazione: come in certi giochi, in cui si parla di probabilità degli esiti decisionali perché le variabili sono pressoché infinite e le informazioni incomplete, nella formazione comportamentale parliamo sempre di quale sia la strategia probabilisticamente migliore per ottenere certi effetti. Non vi sono certezze, non facciamo finta che ciò di cui si tratta è del tipo “se x si comporta così…allora ne consegue che y…”, ma parliamo di probabilità che una certa cosa accada. Il comportamento funziona così, non è matematica.

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