Il fattore stress è indicato come una delle due cause maggiori del malessere dei lavoratori, assieme alla più ponderabile movimentazione manuale dei carichi. La prima volta in cui questa affermazione è stata fatta è stato 14 anni fa (1999) e a farla era il Parlamento Europeo, al punto 21 di una sua Risoluzione.
Ben 9 anni fa (2004) è arrivato l'Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro, le cui indicazioni sono state recepite dall'Italia solo 5 anni fa (2008) con il D.Lgs 81 (art. 28, comma 1).
Oramai 3 anni fa (2010), con una Lettera Circolare, il Ministero del Lavoro sancì l'entrata in vigore dell'obbligo di valutazione del rischio stress (31 dicembre 2010), al pari degli altri rischi residui contemplati dal Documento di Valutazione dei Rischi.
Qual'è lo stato attuale dell'arte dopo 3 anni?
La sicurezza in larga parte è ancora vista come adempimento normativo e dunque come un costo. Quindi, la tendenza è a ridurre al minimo l'impatto economico che questo adempimento comporta. Ciò significa che nella valutazione dello stress ci si ferma all'indagine preliminare, che come obbligo di legge è più che sufficiente.
Non vogliamo negare che questa interpretazione sia realistica. Vogliamo affermare che questo punto di vista è riduttivo e non consente di vedere le potenzialità manageriali, e quindi di sviluppo, che l'indagine sullo stress comporta.
Il tema "sicurezza sul lavoro" è un tema manageriale importante. E' un'altra prospettiva da cui guardare l'organizzazione e migliorarne l'efficienza.
Il collegamento tra sicurezza-benessere-stress-efficienza è presto detto: "Considerare il problema dello stress sul lavoro può voler dire una maggiore efficienza e un deciso miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con conseguenti benefici economici e sociali per le aziende, i lavoratori e la società nel suo insieme" (Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro, 2004).
Nei prossimi post svilupperemo approfonditamente questo tema.
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