Vi segnaliamo un bell'articolo di Paolo Viel (responsabile della formazione esperienziale in AIF) che parla dell'Otdoor Training sul n°1 di Gennaio 2011 della rivista 'IMPRESA (rivista del sole24ore).
Viel traccia lo sviluppo del metodo che ha preso le mosse dalle sperimentazioni di Kurt Hahn per arrivare a descriverne gli sviluppi in Italia. Qui il termine "adventure", che inizialmente faceva parte del nome e che voleva significare lo spirito di ricerca dei propri limiti, è stato soppiantato diventando semplicemente "outdoor training". Successivamente l'uso delle metafore ha portato ad approcci mutuati dallo sport (barca, orienteering, rugby) o dall'arte (musica, cinema, teatro, arte pittorica, danza ecc.) per la costruzione di metafore adattabili ai principi dell'apprendimento esperienziale.
L'articolo ci dà lo spunto per riflettere sull'impatto che ha il metodo nelle proposte formative. Il metodo dà senso alle attività, le trasforma in una metafora all'interno della quale traguardare a ciò che succede sul lavoro per dargli un nuovo significato. Se il metodo e le griglie di lettura degli eventi, fuori e dentro il gruppo, non si inseriscono solidamente in queste attività si rischia di trasformare la sessione di outdoor in una "gita fuori porta".
La prima impressione è che una "gita fuori porta" possa essere apprezzata dai propri dipendenti, vista come benefit, un piacevole intrattenimento. Riflettendoci, però, i danni sauperano di gran lunga i benefici (comunque parziali e limitati nel tempo):
- danni economici per l'azienda, che spende ma non investe;
- danni in termini di credibilità della funzione formazione;
- danni a livello di rapporto tra individuo e azienda, poichè il vissuto più persistente non sarà quello di aver ricevuto un "benefit", ma di essere manipolati per avere in cambio "qualcosa" non dichiarato in maniera trasparente a livello relazionale (più impegno, cambiamenti, rinunce, ecc.).
Per approfondire sull'outdoor training puoi consultare questa presentazione su slideshare.
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